Presentazione Collegio

Apertura del Collegio Clinico di Parigi

Colette Soler, 28 novembre 1998

Il Collegio Clinico è una novità di questa ripresa del 1998. La sua creazione risponde alla situazione inedita che si è creata nella Sezione Clinica di Parigi Saint-Denis, nelle conseguenze dell’Incontro di Barcellona nel luglio 1998 ed in funzione delle divisioni emerse in seno alla comunità del Campo freudiano. Questa situazione è stata presentata nel documento di creazione del Collegio, non vi ritorno.
Indicherò come questo Collegio si situa, politicamente ed epistemicamente, in rapporto alla vecchia Sezione Clinica.
Noi non ricusiamo il principio di origine, anche se questa Sezione Clinica ha cessato di essere all’altezza delle sue ambizioni. Questo progetto risponde infatti ad una necessità nella psicoanalisi.

Vi faccio notare in primis che, di fatto, molto presto, nell’IPA, è stata presente la distinzione della Società degli analisti e dell’Istituto in cui insegnano i didatti. Lacan stesso, a fianco della sua Scuola, ha sostenuto, e poi rinnovato, nel 1974, il Dipartimento di Psicoanalisi prima di creare, nel 1976, la Sezione Clinica.
Il Collegio rimane su questa scia e ne condivide l’intenzione.
Perché? Lacan ha potuto dire, lapidariamente, che si trattava di stimolare la sua Scuola. Consideriamo lo statuto politico ed epistemico dell’associazione degli psicoanalisti.
Sul piano politico, il regime associativo – che raggruppa dei membri, ciascuno con i propri diritti, indipendentemente da ogni considerazione riguardante le competenze quanto al sapere e alla trasmissione – rende pressoché impossibile che si instauri un insegnamento metodico. Chiamo insegnamento metodico, un insegnamento che mira a coprire l’insieme del campo delle questioni cliniche e dottrinali e che si propone di avanzarvi in una progressione ordinata e calcolata.
Sul piano epistemico d’altra parte, dal momento che si avanza sotto il significante psicoanalisi, il sapere supposto basta. È comunque assai stupefacente che esista una professione, la nostra, in cui non è mai richiesto di dare le proprie prove in materia di sapere. Ora, il mantenimento della psicoanalisi, sia come pratica che come presenza nella cultura, esige una certa trasmissione di un sapere articolato. Quale? Quello che si depone nei testi, secondo le produzioni degli analisti.
Ma, a questo riguardo non tutti gli scritti della dottrina si equivalgono, di sicuro. Quelli di Freud si distinguono in modo unico, e ciò non ha niente a che vedere con la pietà nei confronti del padre, contrariamente a ciò che si continua a ripetere. Lacan che lo sapeva bene, diceva: la psicoanalisi “trae consistenza dai testi di Freud”. Infatti, sottraeteli, e la psicoanalisi scompare. L’opera di Freud è l’almeno-una senza la quale non si saprebbe quello che è il procedimento di cui l’analisi è solidale. Ci si può qui lasciar andare ad una piccola esperienza mentale di prova per sottrazione. Si vede che, quali che siano i loro meriti, senza la ego-psychology, senza Melanie Klein, senza il middle group, senza Winnicott, la psicoanalisi sarebbe certo impoverita, ma potrebbe rimanere. E Lacan? Lacan è andato molto più lontano di Freud nello stabilimento del discorso, ma non è l’inventore del procedimento e la psicoanalisi si attiene al procedimento messo a punto da Freud. Ecco perché, penso, lui stesso, che non si dava tante arie, ha potuto dire a Caracas nel 1980: “-Io sono freudiano”.
Noi incominciamo dunque a mettere nel nostro programma lo studio metodico dei testi che orientano la pratica e a farli vivere sottoponendoli alla prova dei casi, dove dovranno dimostrare la loro operatività e la loro portata clinica.
Vengo alle divergenze e a ciò che ci distingue dalla Sezione Clinica di oggi. Queste sono duplici: politiche ed epistemiche, anche esse.
Politicamente l’insieme dell’Istituto del Campo freudiano è diretto da una ed una sola persona. Questo sistema, noi l’abbiamo dapprima accettato, in nome del fatto che il significante padrone è necessario, e che occorrere una direzione. L’esperienza della crisi ha dato torto alla nostra fiducia, e ha dato prova che questo sistema di direzione di uno solo è aperto agli abusi.
La nostra opzione alternativa non sarà l’assenza di direzione, ma una direzione collegiale dell’insieme degli insegnanti. È una direzione che si accorda su due opzioni precise: il dischiudimento degli insegnamenti, in vista di instaurare circolazioni fra le Unità e i diversi Collegi e l’integrazione progressiva di nuovi insegnanti quando la formazione progredirà.
Sul piano epistemico, un fenomeno nuovo è apparso nella Sezione Clinica: l’estensione del potere di direzione anche sulle stesse tesi da insegnare. Una cosa è scegliere il tema dell’anno, il piano di insieme e gli insegnanti stessi e un’altra cosa è scegliere le tesi da sostenere. Ora questo è ciò che si è visto avanzare da tre anni e che è culminato con la cosiddetta Convenzione di Antibes, a vantaggio di una tesi sulla psicosi che è agli antipodi tanto dalle tesi di Lacan, quanto di quelle che noi abbiamo sostenuto da venti anni. Lì dove Lacan mira ad una clinica della certezza, si raccomanda ormai la clinica vaga del più o meno assicurato.
Politicamente, questa tesi è una strizzatina d’occhio evidente all’IPA. Epistemicamente, merita di essere esaminata. Non decidiamo a priori, ma non potrebbe essere una parola d’ordine, avanzata senza che la comunità ne dibatta per testarne la validità. La direzione può a rigore essere una, il sapere non può fluttuare secondo le decisioni di uno solo, nessun diktat vale per esso. Si sono visti nel secolo degli episodi in cui l’S1 pretendeva di legiferare nel campo dei saperi. Se ne conosce il risultato: disastroso per il sapere e condannato in anticipo dalla storia.
Cosa pretendiamo di sostituire a questa direzione dell’S2 attraverso l’S1? Una direzione collegiale del sapere non andrebbe meglio della direzione di uno solo. Il sapere nel nostro campo non si dirige. Si acquisisce, si elabora e ai livelli più avanzati, si inventa e… si mette alla prova. Ma un dibattito con contraddittorio è possibile, si è proseguito del resto nella storia della psicoanalisi, a dispetto delle lotte istituzionali. Le disavventure politiche non l’hanno né ostacolato, né fatto sparire per un certo tempo. Vedete per esempio l’opzione di Melanie Klein rispetto alla psicosi: resta iscritta come una delle opzioni possibili, offerta all’esame ed alla critica.
Tale sarà dunque la nostra opzione: un dibattito pluralista.